“Sentirsi soli nel fallimento: il cane come modello di relisienza”

//“Sentirsi soli nel fallimento: il cane come modello di relisienza”

Nonostante tutti i tuoi sforzi…

Stai giocando una partita e non riesci a segnare il punto.

Dopo tanto studio non riesci ad ottenere il voto che ti eri prefissato o addirittura raggiungere la sufficienza.

Decidi di lanciarti in un nuovo progetto ma non riesci ad avviare l’attività, a trovare clienti.

Arrivi puntuale, ti impegni, rispetti le scadenze, proponi nuovi lavori e comunque non riesci a vincere il premio per migliore impiegato della tua azienda.

Cosa sono queste? Sono tutti esempi di situazioni di fallimento.

 

Tutte queste emozioni si attivano perché il fallimento va ad attaccare la nostra autostima, che è stata definita nel corso dei secoli come il derivato di più elementi: dei risultati ottenuti, delle aspettative interne di prestazione (James, 1890) e, anche, del confronto che l’individuo fa con l’ambiente in relazione ai suoi rapporti scolastici, familiari e lavorativi (Bandura, 1977).Nell’insuccesso cosa sentiamo? Magari potremmo provare: delusione perché non abbiamo rispettato le nostre aspettative; vergogna perché abbiamo perso un confronto con i compagni, amici o colleghi; frustrazione per le energie spese e che non hanno dato i frutti desiderati; rabbia per non aver raggiunto lo scopo; ansia perché ci preoccupiamo dei futuri esiti negativi; vorremmo fuggire per evitare di sentirci ancora così.

Si può ipotizzare, dunque, che il valore che ci diamo in determinati ambiti può essere influenzato dalle persone che conosciamo e, quindi, anche dai loro risultati.

 

E quando vediamo che tutti gli altri riescono e noi no, come ci potremmo sentire?

Soli.

La solitudine è la mancanza di affetti, relazioni, sostegno e conforto da parte dei propri simili. Può essere una condizione cercata ma nel nostro caso è un risultato dovuto al confronto.

E se ci sentiamo i soli a non riuscire? Che fare?

Soluzioni universali non ci sono, ma tre domande possono aiutarci a capire alcune cose:

– cos’è per noi il successo e come lo si raggiunge?

– cosa hanno fatto gli altri per arrivare al punto in cui sono?

– quello che vedo è tutto ciò che è oppure è solo la punta dell’iceberg?

Queste domande potrebbero aiutarci a capire che il successo non è una meta ma un processo: una successione di azioni e fatti che richiedono tempo, impegno, fatica, supporto e pratica. Gli errori e i fallimenti sono parte del processo, non il risultato ultimo e immodificabile!

Ed è qui che la relazione con il cane si può inserire come elemento terapeutico ed educativo.

Il cane si inserisce nei rapporti come presenza “pulita” dai preconcetti che ognuno di noi si è costruito rispetto a chi è nella relazione con gli altri. L’animale ci riporta ad un livello diverso di interazione, che molte persone trovano più accettabile e meno rischioso per la propria autostima (Levison, 1969).

Pensiamo alle attività sportive che si possono intraprendere con il cane quali l’agility o rally-o, ai giochi di attivazione mentale e ai ragionamenti che il cane deve fare per risolvere i problemi che gli si mettono dinnanzi, magari anche “semplicemente” capire cosa gli stiamo chiedendo di fare.

Sono tutte situazioni in cui il cane si mette in gioco e si sperimenta. Deve usare le sue capacità cognitive, fisiche ed emotive per risolvere i problemi che gli abbiamo posto.

Chi ha delle difficoltà a riconoscere che tutte le persone investono delle energie per raggiungere uno scopo e possono fallire nel durante, potrebbe trovare giovamento nell’aiutare un cane. Perché?

Perché sostenendolo nel processo di apprendimento potrebbe riuscire a capirne a pieno i passaggi. Vedere come un cane si impegna e si “scervella” per risolvere un problema potrebbe aiutarlo a tollerare di più la frustrazione e ad accettare il pensiero che ognuno di noi ha i propri tempi per portare a termine un compito.

Inoltre, vedere che il cane chiede supporto quando ne ha bisogno potrebbe rendere plausibile la possibilità di farlo noi stessi con chi ci è attorno.

Ultima ma non per importanza, la condivisione della gioia nell’essere riusciti nella sfida.

Tutto ciò potrebbe farci sentire meno soli nel percorso che ci porterà a diventare quello che vogliamo, a raggiungere l’obiettivo che ci siamo posti e a sopportare gli sforzi che implica il processo che ci porterà al successo.

2020-04-13T15:52:10+02:00